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Colon irritabile: la cura definitiva?

La sindrome dell’intestino irritabile (o irritable bowel syndromeIBS) è una patologia cronica, caratterizzata da sintomi persistenti e recidivanti, per i quali non vi è una cura definitiva. I pazienti, infatti, imparano a convivere con l’IBS, modificando le abitudini alimentari, lo stile di vita e utilizzando farmaci che, purtroppo, ne alleviano i sintomi, senza però risolverne la causa. Tuttavia un recente studio pubblicato su Gastroenterology ha mostrato come il trapianto di microbiota fecale (FMT) produca un miglioramento dei sintomi dell’IBS a lungo termine[1], suggerendo la possibilità di una cura definitiva per il colon irritabile.

Trapianto di microbiota intestinale: che cos’è?

Il trapianto di microbiota fecale (FMT) è una tecnica attraverso cui le feci di un donatore sano sono trasferite nell’intestino di una persona malata, con l’obiettivo di modularne il microbiota e determinarne un miglioramento clinico. Le feci, infatti, contengono la flora microbica dell’intestino. Il loro trasferimento dovrebbe quindi permettere di modificare il microbiota del paziente, correggendone quelle alterazioni che si associano a diverse patologie. La ricerca scientifica, infatti, ha evidenziato alterazioni del profilo microbico enterico in svariate malattie, suggerendo come una condizione di disbiosi intestinale possa mediarne lo sviluppo. In particolare, alterazioni nella composizione del microbioma sono state osservate, ad esempio, nei pazienti affetti da:

  • asma;
  • morbo di Crohn;
  • rettocolite ulcerosa;
  • diabete di tipo II;
  • sindrome dell’intestino irritabile.

Trapianto di microbiota intestinale e colon irritabile

Disegno dello studio

Gli studi finora condotti sull’utilizzo del trapianto di microbiota per l’IBS hanno valutato la sua efficacia solo nel breve termine. Lo studio summenzionato è invece un follow-up di tre anni. Esso, infatti, ha monitorato la risposta dei pazienti nel tempo, a 2 e 3 anni dal trapianto.

Lo studio ha coinvolto un totale di 125 pazienti. Trentotto soggetti sono stati trattati con placebo, mentre altri 42 e 45 pazienti hanno ricevuto, rispettivamente, 30g e 60g di feci. I campioni fecali trapiantati erano caratterizzati da una elevata varietà microbica. Essi provenivano da un solo donatore, maschio di 36 anni, che ha mantenuto una sana diversità microbica intestinale per tutto il periodo di follow-up. Va notato, inoltre, che 10 pazienti hanno richiesto un nuovo FMT con 90g di feci, a causa di una ricaduta dopo tre anni dal primo trattamento.

L’effetto del trapianto di microbiota sui sintomi del colon irritabile è stato valutato utilizzando l’IBS Severity Scoring System (IBS-SSS) e il Birmingham IBS Symptom Questionnaire. La fatica è stata invece misurata con il questionario Fatigue Assessment Scale (FAS). Una riduzione del punteggio IBS-SSS post-trapianto di 50 o più punti è stata considerata una risposta positiva, mentre una diminuzione di 75 punti o più è stata invece ritenuta una remissione completa.

Risultati dello studio

Escludendo gli abbandoni, i soggetti che hanno ricevuto il trapianto di microbiota hanno avuto tassi di risposta significativamente più elevati rispetto ai destinatari del placebo.

In particolare, i pazienti trattati hanno riportato una riduzione della gravità dei sintomi e dell’affaticamento a due e tre anni dal trapianto. Essi hanno anche avuto meno dolore addominale, distensione e disturbi dell’alvo intestinale, oltre ad una migliore qualità di vita.

Va notato, inoltre, che i pazienti con sintomi più gravi di IBS sono migliorati in misura maggiore rispetto a quelli con sintomi moderati. Circa il 75% dei pazienti con IBS grave, infatti, ha risposto al trapianto con una significativa riduzione dei sintomi rispetto al solo 50% dei pazienti che aveva sintomi moderati. I pazienti con IBS grave hanno anche riportato miglioramenti più significativi nella loro qualità di vita (QoL). I loro punteggi sulla QoL, infatti, erano simili a quelli dei soggetti con IBS moderata al terzo anno dal trapianto. Le donne, inoltre, tendevano a rispondere meglio dei maschi in tutte le fasi dello studio (2° e 3° anno). Tuttavia i tassi di remissione completa erano simili in entrambi i sessi.

Il trapianto di microbiota ha prodotto risultati ugualmente positivi sia sui pazienti affetti da IBS con prevalenza di diarrea, che su quelli con prevalenza di stipsi, oltre che su quelli con IBS mista. I tassi di remissione completa, infatti, erano simili in tutti e tre i sottotipi di IBS. Inoltre i marcatori microbici e i punteggi dei sintomi non hanno mostrato differenze marcate tra questi sottotipi di IBS in nessun momento.

Va notato, infine, che i valori di disbiosi intestinale di ciascun paziente sono diminuiti marcatamente in entrambi i gruppi trattati, evidenziando un possibile nesso tra il miglioramento dei sintomi e la diminuzione della disbiosi.

Trapianto di microbiota: una cura definitiva per il colon irritabile?

Il trapianto di microbiota fecale è un trattamento promettente per i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile. Nello studio di cui ci siamo occupati, infatti, l’FMT ha prodotto un beneficio prolungato fino a tre anni dopo il trapianto. I sintomi addominali e la stanchezza sono migliorati, così come la qualità della vita dei pazienti. Inoltre, anche nei soggetti che hanno avuto una ricaduta entro i tre anni, il ri-trapianto ne ha nuovamente alleviato i sintomi, confermando l’efficacia dell’FMT.

Tuttavia l’evidenza scientifica ad oggi disponibile non consente di raccomandare il trapianto di microbiota per la cura del colon irritabile[2]. I pochi studi finora condotti hanno infatti prodotto risultati eterogenei, che non forniscono prove sufficientemente solide per poter formulare eventuali raccomandazioni. In particolare, due recenti meta-analisi non hanno osservato un beneficio dell’FMT nell’alleviare i sintomi dei pazienti con IBS[34]. Un recente studio randomizzato su 165 soggetti ha invece rilevato che il trapianto di microbiota è un trattamento efficace per la cura del colon irritabile[5].

I risultati della ricerca scientifica sono quindi controversi. Tuttavia la variabilità nella risposta dei pazienti sembrerebbe essere dovuta alle diverse modalità di esecuzione del trapianto e, soprattutto, alle fisiologiche differenze che esistono tra i donatori reclutati negli studi. Da un lato, infatti, le tecniche di conservazione, preparazione e somministrazione dei campioni fecali possono influenzare il successo della procedura. Dall’altro, invece, l’efficacia del trapianto sembra essere strettamente dipendente dalle caratteristiche del microbiota del donatore. È quindi necessario che la ricerca scientifica chiarisca quali siano le procedure più efficaci per l’esecuzione del trapianto e quali, invece, le caratteristiche del microbiota più utili per l’IBS che il donatore deve soddisfare.

Man mano che aumenterà la comprensione di questi aspetti, sarà possibile arrivare a procedure standardizzate più efficaci, che consentiranno di ridurre la variabilità nella risposta dei pazienti e, eventualmente, raccomandare l’FMT per il trattamento dell’IBS. La strada è ancora lunga. Tuttavia i risultati dello studio pubblicato su Gastroenterology sembrerebbero aver indicato la via da percorrere per una possibile ‘cura definitiva‘ del colon irritabile.

Bibliografia

Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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