Gli inibitori di pompa protonica, meglio conosciuti come “gastroprotettori“, sono tra i farmaci più usati in Italia e nel mondo. Il sistema sanitario nazionale spende circa 700 milioni di euro l’anno per la loro erogazione in convenzione. Gli IPP più utilizzati sono il pantoprazolo, l’omeprazolo, il lansoprazolo e l’esomeprazolo. La loro prescrizione è indicata per tutte le patologie acido-correlate. Gli IPP, infatti, inibiscono la produzione di acido, riducendo l’esposizione del tratto digerente all’azione irritante dei succhi gastrici. Essi sono quindi in grado di ridurre i sintomi di patologie come il reflusso gastroesfageo, la gastrite o l’ulcera. Il loro utilizzo nel breve termine è efficace e sicuro. Ma cosa accade se si utilizzano a lungo termine?
La produzione di acido gastrico è regolata dalla gastrina, un ormone che segnala alle cellule parietali dello stomaco di iniziare a produrre acido. Gli IPP “spengono” la pompa a protoni delle cellule parietali e inibiscono così la produzione di succhi gastrici. Lo stomaco, però, compensa la minore quantità di acido attraverso una maggiore secrezione di gastrina, tesa a ripristinare il livello di acidità iniziale. Gli inibitori di pompa possono quindi causare ipergastirnemia. Tuttavia un’eccesso di gastrina può stimolare la crescita di tumori gastrointestinali. Da qui deriverebbe il nesso tra gli inibitori di pompa e il cancro gastrico.
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Inibitori di pompa e cancro gastrico: le evidenze scientifiche
Uno studio condotto nel 2018 ha concluso che l’utilizzo a lungo termine degli IPP può aumentare il rischio di cancro dello stomaco. I ricercatori dell’università di Hong Kong, studiando più di 60.000 pazienti in terapia con IPP e con Helicobacter Pylori, hanno rilevato che il loro rischio di cancro gastrico raddoppia. Tuttavia i soggetti coinvolti in questo studio erano affetti da H. Pylori, un batterio che favorisce lo sviluppo del tumore dello stomaco e di quello esofageo. I risultati dello studio dell’università di Hong kong potevano essere quindi stati falsati dalle caratteristiche della popolazione studiata.
Un’ulteriore ricerca svedese è però arrivata alle stesse conclusioni dei colleghi asiatici, osservando che l’utilizzo nel lungo termine degli IPP è un fattore indipendente di rischio per il carcinoma dello stomaco. In questa direzione va anche uno studio coreano appena pubblicato, che ha messo in evidenza come dopo un’anno di trattamento con IPP aumenti il rischio di tumore dello stomaco, sia in soggetti affetti da H. Pylori sia in quelli guariti dall’infezione.
La relazione tra utilizzo degli IPP e cancro dello stomaco dovrà essere oggetto di ulteriori studi per poter essere confermata definitivamente. In attesa di nuove evidenze, è auspicabile però ridurre il più possibile la durata del trattamento e consultare sempre il proprio gastroenterologo sulle modalità d’assunzione più opportune. È necessario ricordare inoltre che l’uso di IPP, se prolungato, è associato a diversi altri effetti collaterali, oltre al maggior rischio di cancro dello stomaco.
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