La gastrite è un’infiammazione della mucosa gastrica, che può avere cause e complicanze diverse. La sua prognosi non è quindi unica, ma varia in base al tipo di gastrite che si considera. Spesso essa può risolversi spontaneamente, sebbene le recidive siano comuni. In altri casi, invece, essa può avere conseguenze potenzialmente fatali, se non adeguatamente trattata. In questo articolo cercheremo quindi di rispondere alla domanda se “si muore di gastrite“, chiarendo quando essa può essere mortale.
Gastrite: le complicanze potenzialmente fatali
Generalmente la maggior parte dei casi di gastrite (circa il 90%) è causata dall’infezione da Helicobacter pylori. Il batterio, infatti, è in grado di colonizzare la mucosa gastrica, provocando una persistente risposta infiammatoria, causa della gastrite cronica. In questo caso la gastrite di per sé non è assolutamente mortale. Essa può però portare nel tempo a complicanze che possono essere fatali.
Gastrite e ulcera peptica
Innanzitutto la gastrite cronica può causare erosioni o piaghe superficiali nella mucosa gastrica che, per ragioni diverse, possono evolvere in lesioni più grandi e profonde del tratto digerente, note come ulcere peptiche. L’ulcera peptica di per sé non è mortale, ma alcune sue complicazioni, come il sanguinamento e la perforazione, possono invece essere fatali. L’ulcera gastrica (ma non quella duodenale) può inoltre aumentare il rischio di sviluppare il cancro gastrico[1]. Va notato, tuttavia, che solo una parte minoritaria dei pazienti con gastrite da H. pylori sviluppa l’ulcera peptica (circa il 10%) e che, a sua volta, solo una parte di quest’ultimi avrà complicanze severe come il sanguinamento (circa il 15-20% dei pazienti) e la perforazione (dal 2 al 10% dei pazienti)[2]. Infine solo una frazione dei casi di sanguinamento o perforazione è effettivamente mortale.
Va notato, inoltre, che anche la gastrite da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), da alcol o da fumo può evolvere in ulcera, con un aumento del rischio di sanguinamento e perforazione[3–4]. I FANS, l’alcol e il fumo possono infatti aggravare significativamente le lesioni ulcerose.
Gastrite e atrofia gastrica
Un ulteriore complicanza della gastrite da H. pylori è l’atrofia della mucosa gastrica, con la perdita, parziale o totale, della capacità dello stomaco di produrre acido. L’infiammazione cronica della mucosa gastrica può infatti danneggiare le cellule epiteliali, responsabili della secrezione di acido, causando ipocloridria. Queste complicanze sono comuni anche nella gastrite autoimmune, in cui l’epitelio gastrico è attaccato dal sistema immunitario.
In entrambi i casi l’atrofia gastrica e l’ipocloridria aumentano significativamente il rischio di sviluppare il cancro gastrico. La sua probabilità, infatti, cresce esponenzialmente con la progressione della gastrite dalla forma non atrofica a quella atrofica. Il rischio può aumentare anche fino a 90 volte nei pazienti con gastrite atrofica grave sia nell’antro che nel corpo gastrico (panatrofia grave; gastrite atrofica multifocale) rispetto al rischio dei soggetti sani[5].
Nei pazienti con gastrite non atrofica da H. pylori il rischio di cancro gastrico aumenta invece solo di 2 volte rispetto a quello dei soggetti sani[5]. Il rischio di cancro è quindi leggermente superiore a quello soggetti sani, ma molto più basso rispetto al rischio di cancro dei pazienti con una gastrite atrofica grave e avanzata. A tal riguardo si stima che circa il 50% dei pazienti con gastrite cronica da H. pylori svilupperà una gastrite atrofica nel corso della vita[6]. In circa il 5% delle persone infette, la gastrite atrofica raggiunge uno stadio grave e avanzato[6–7]. L’infezione da H. pylori deve perciò essere eradicata il più precocemente possibile, in modo da scongiurare complicanze evitabili dall’esito potenzialmente mortale.
Vale la pena notare, infine, che H pylori potrebbe essere alla base della stessa gastrite autoimmune, anch’essa causa di atrofia gastrica. È stato infatti ipotizzato che la reazione autoimmune potrebbe essere innescata dall’infezione del batterio, che potrebbe risolversi spontaneamente una volta che la gastrite atrofica sia arrivata ad uno stadio gravemente atrofico e acloridrico.[8]. In questo caso l’infezione non sarebbe più rilevabile, sebbene essa abbia innescato la reazione autoimmune.
Gastriti potenzialmente fatali
Alcune rare forme di gastrite possono avere esito fatale.
La gastrite ischemica o da stress fisico, ad esempio, è una forma di gastrite erosiva causata da insufficienza vascolare localizzata o sistemica. Si tratta di una condizione che insorge raramente, grazie al vasto apporto di sangue dello stomaco, ma altamente fatale. In uno studio la mortalità a 30 giorni e a 1 anno, infatti, è stata rispettivamente del 33% e del 41%[9].
La gastrite flemmonosa è invece una forma di gastrite rara, dovuta a un’infezione diffusa della sottomucosa dello stomaco che, senza una diagnosi e un intervento precoci, può evolvere rapidamente in una forma fatale di setticemia. In caso di diagnosi tardiva, la mortalità è infatti del 42%[10].
Conclusioni
In linea generale la gastrite è una condizione non mortale, ma le cui complicanze possono invece esserlo. Tuttavia la sua causa più frequente, l’infezione da H. pylori, è eradicabile seguendo una ‘semplice’ terapia antibiotica. In caso di successo, l’eliminazione del batterio permette la remissione della gastrite, abbattendo il rischio di atrofia gastrica, ulcera peptica e cancro. Quando invece la gastrite deriva dall’uso dei FANS, dell’alcol e del fumo, l’astensione da queste abitudini e la terapia con gastroprotettori ove ve ne sia indicazione ne consente la guarigione. La gastrite è quindi una condizione che, almeno nelle sue forme più comuni, può essere efficacemente curata. Diagnosi e terapia devono quindi essere il più precoci possibili per evitare le sue possibili complicanze.
Bibliografia
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