Reflusso gastroesofageo: la terapia ordinaria
Il reflusso gastroesofageo (GERD) è una patologia caratterizzata dalla risalita di contenuto acido dallo stomaco verso l’esofago. Generalmente lo sfintere esofageo contiene efficacemente i succhi gastrici. Talvolta, però, esso non riesce ad esercitare una pressione sufficiente sullo stomaco; i succhi gastrici risalgono allora verso l’esofago che, privo di un rivestimento adeguato, è esposto all’azione corrosiva dell’acido.
Attualmente la terapia principale per il reflusso gastroesfageo prevede l’utilizzo dei gastroprotettori, in particolare degli inibitori di pompa protonica (IPP). Tuttavia gli IPP non curano la causa del reflusso, ma bloccano soltanto la produzione di acido. La loro funzione è quella di ridurre il livello d’acidità dei succhi che risalgono verso l’esofago. I pazienti utilizzano quindi gli IPP solo per ridurre i sintomi del reflusso e finiscono così con l’assumerli per periodi molto lunghi. Tuttavia gli IPP nel lungo termine possono avere effetti collaterali importanti come l’ipergastrinemia, l’osteoporosi o la formazione di polipi gastrici.
Un’alternativa all’utilizzo “a vita” degli IPP può essere l’opzione chirurgica, cioè la chirurgia laparoscopica antiriflusso (LARS). Essa è parimenti, se non più efficace degli IPP nella gestione dei sintomi. Tuttavia anch’essa non è esente da effetti collaterali; i suoi risultati, inoltre, spesso non sono definitivi ed è indicata solo per quei pazienti che non rispondono agli inibitori di pompa.
Ricapitolando. Se da un lato i farmaci IPP espongono nel lungo termine a effetti collaterali importanti, dall’altro l’opzione chirurgica, a fronte di una maggiore invasività, non garantisce risultati definitivi, privi di effetti collaterali rilevanti. Per questa ragione negli ultimi anni è aumentato l’interesse della comunità medica verso soluzioni non farmacologiche, che fossero meno invasive rispetto alle procedure chirurgiche tradizionali.
Il “collarino” magnetico per la cura del reflusso
Cos’è e come funziona?
Una nuova cura per il reflusso gastroesofageo è il magnetic sphincter augmentation o potenziamento magnetico dello sfintere esofageo. Esso prevede l’impianto di un piccolo dispositivo magnetico, a forma di anello, sullo sfintere esofageo inferiore. L’anello è composto da sfere magnetiche in titanio che, attraendosi, restringono l’apertura dello sfintere, impedendo il reflusso gastrico. In particolare quando il paziente ingoia il cibo, le sfere si allargano, consentendo il passaggio del bolo alimentare, per poi restringersi nuovamente.
L’impianto del dispositivo prevede delle piccole incisioni in laparoscopia sulla pancia, attraverso le quali viene inserito il collare magnetico attorno all’esofago. Una volta posizionato, l’anello magnetico aumenta la pressione dello sfintere, ripristinando la sua capacità di contenere il volume acido dello stomaco.

Efficacia e Indicazioni
L’efficacia di tale procedura è generalmente elevata e duratura nel tempo. Circa il 90-95% dei pazienti dopo l’intervento sospende completamente l’utilizzo degli inibitori di pompa protonica e il rimanente 5-10% vi ricorre solo occasionalmente. In uno studio il potenziamento magnetico è risultato maggiormente efficace della terapia farmacologica e parimenti efficace alla più invasiva tecnica chirurgica di fundoplicazione.
Generalmente il recupero postoperatorio è veloce. I pazienti di solito sono dimessi lo stesso giorno o quello seguente l’intervento e sono incoraggiati a mangiare subito dopo. Le complicazioni postoperatorie più frequenti sono la disfagia e il dolore epigastrico. La disfagia si risolve generalmente nell’arco di 90 giorni. Gli episodi di rimozione dovuti ad un’insorgenza tardiva della disfagia sono invece rari.
La procedura di potenziamento dello sfintere esofageo è reversibile. La rimozione del dispositivo permette cioè di ripristinare la configurazione anatomica precedente l’intervento.
L’intervento di potenziamento magnetico dello sfintere esofageo è indicato per quei pazienti che continuano ad avere sintomi da reflusso, nonostante la terapia farmacologica e le imprescindibili correzioni dello stile di vita. I pazienti eleggibili per l’intervento devono avere una diagnosi accertata di reflusso gastroesfageo, documentata da opportuni esami, tesi ad accertare l’entità del reflusso e ad escludere eventuali fattori di controindicazione all’intervento. A tal fine possono essere utili esami come la PH-impedenziometria di 24 ore, la manometria esofagea, la gastroscopia e la radiografia con bolo baritato.
In sintesi l’utilizzo del collarino magnetico per la cura del reflusso ha un basso profilo di rischio e ha mostrato risultati incoraggianti che meritano di essere approfonditi dalla ricerca medica.
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