Generalmente la terapia d’elezione per la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) prevede l’utilizzo degli inibitori di pompa protonica (IPP). Tali farmaci, infatti, abbattono la secrezione di acido gastrico, limitando così l’esposizione dell’esofago al reflusso acido dello stomaco. L’utilizzo degli IPP si è dimostrato efficace nella cura dell’esofagite, riducendo l’infiammazione dell’esofago e accelerando la cicatrizzazione delle sue lesioni. Tuttavia l’interruzione della terapia può portare alla ricomparsa dei sintomi, costringendo i pazienti ad un’utilizzo del gastroprotettore a tempo indeterminato, non esente da effetti collaterali. Inoltre una significativa percentuale dei pazienti, stimata tra il 20% e il 40%, non risponde alla terapia con IPP. In questi casi è prevista l’aggiunta di altri farmaci ai gastroprotettori o la loro sostituzione con nuovi farmaci per il reflusso. I risultati non sempre sono positivi, men che meno definitivi.Una situazione, quest’ultima, che spinge molti pazienti alla ricerca di una cura definitiva per il reflusso gastroesofageo.
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Chirurgia anti-reflusso: è la cura definitiva?
I pazienti refrattari alla terapia con IPP, o quelli che ne diventano dipendenti per la gestione dei sintomi, valutano l’intervento chirurgico come una possibile cura definitiva per il reflusso gastroesofageo. Ma è effettivamente così?
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Innanzitutto l’operazione chirurgica per il reflusso gastroesofageo è la fundoplicatio sec Nissen, cioè la piegatura del fondo gastrico secondo la tecnica di Nissen, il chirurgo che l’ha creata. L’intervento prevede di ripiegare il fondo gastrico attorno all’esofago, così da creare due tasche che cingono lo sfintere esofageo. Quando il reflusso spinge il contenuto gastrico verso l’alto, le tasche si gonfiano, come fossero un paracadute. La dilatazione delle tasche comprime l’esofago, chiudendolo e impendendo la risalita di contenuto gastrico.
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Innanzitutto l’operazione chirurgica per il reflusso gastroesofageo è la fundoplicatio sec Nissen, cioè la piegatura del fondo gastrico secondo la tecnica di Nissen, il chirurgo che l’ha creata. L’intervento prevede di ripiegare il fondo gastrico attorno all’esofago, così da creare due tasche che cingono lo sfintere esofageo. Quando il reflusso spinge il contenuto gastrico verso l’alto, le tasche si gonfiano, come fossero un paracadute. La dilatazione delle tasche comprime l’esofago, chiudendolo e impendendo la risalita di contenuto gastrico.
L’intervento ha una scarsa invasività, essendo eseguito in laparoscopia. La principale complicanza è la disfagia, cioè la difficoltà di deglutizione, che generalmente si risolve dopo alcuni giorni dall’intervento ma, talvolta, potrebbe persistere nel tempo.
La chirurgia anti-reflusso di Nissen ha dimostrato un’efficacia maggiore rispetto alla terapia farmacologica prevista per i casi che non rispondono agli IPP. In uno studio, infatti, l’operazione chirurgica è risultata più efficace rispetto all’utilizzo combinato dell’omeprazolo e del baclofen, associati in alcuni casi anche all’antidepressivo desipramina. In particolare l’intervento ha ridotto significativamente i sintomi del reflusso nel 67% dei casi, rispetto al solo 28% di quelli che invece seguivano la terapia farmacologica.
La chirurgia antireflusso è quindi maggiormente efficace della terapia farmacologica nei pazienti refrattari agli IPP. Tuttavia circa il 30% dei pazienti sottoposti all’intervento non ha avuto alcun beneficio. Soprattutto, in una quota non trascurabile di pazienti, stimata attorno al 20%, i sintomi del reflusso si ripresentano nel tempo, costringendo i pazienti a riprendere la terapia farmacologica o a una nuova operazione. Per questi pazienti la chirurgia evidentemente non può essere una cura definitiva per il reflusso gastroesofageo.
Nuove Cure per il reflusso gastroesofageo
Neurostimolazione esofagea
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La neurostimolazione esofagea prevede l’impianto sottopelle di un piccolo elettrostimolatore, commercializzato con il nome Endostim. Il dispositivo ha due elettrodi collegati allo sfintere esofageo, che riceve corrente elettrica a bassa frequenza. L’idea alla base di questo approccio è che la stimolazione elettrica dello sfintere sia in grado di ripristinare il suo corretto funzionamento, sostenendone la chiusura dopo il passaggio del cibo.
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La neurostimolazione esofagea prevede l’impianto sottopelle di un piccolo elettrostimolatore, commercializzato con il nome Endostim. Il dispositivo ha due elettrodi collegati allo sfintere esofageo, che riceve corrente elettrica a bassa frequenza. L’idea alla base di questo approccio è che la stimolazione elettrica dello sfintere sia in grado di ripristinare il suo corretto funzionamento, sostenendone la chiusura dopo il passaggio del cibo.
La procedura è minimamente invasiva; gli elettrodi sono infatti collegati allo sfintere in laparoscopia. L’intervento, inoltre, è reversibile. La rimozione del dispositivo o il suo semplice spegnimento, infatti, ne interrompono l’effetto sull’esofago.
La neurostimolazione esofagea riduce i sintomi del reflusso gastroesofageo. In uno studio eseguito su pazienti prima e dopo l’applicazione del dispositivo, l’elettrostimolazione ha ridotto l’esposizione dell’esofago all’acido gastrico. Un risultato, quest’ultimo, che evidenzia il potenziale terapeutico di quest’approccio per la cura del reflusso. Tuttavia l’esatta efficacia della neurostimolazione è ancora incerta, ma i risultati preliminari positivi e le minori complicanze rispetto agli interventi di fundoplicazione , la rendono un’interessante opzione terapeutica.
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La fundoplicazione transorale senza incisione (TIF) è una tecnica che ricostruisce lo sfintere esofageo per via endoscopica e senza incisioni. Essa prevede l’utilizzo di un endoscopio attraverso il quale si vanno ad ancorare i tessuti dello sfintere esofageo, in modo simile alla fundoplicazione di Nissen, ma senza incisioni chirurgiche. Il particolare endoscopio, chiamato Esophyx, permette infatti di ricompattare i tessuti esofagei, attraverso l’applicazione di semplici punti di sutura.
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La fundoplicazione transorale senza incisione (TIF) è una tecnica che ricostruisce lo sfintere esofageo per via endoscopica e senza incisioni. Essa prevede l’utilizzo di un endoscopio attraverso il quale si vanno ad ancorare i tessuti dello sfintere esofageo, in modo simile alla fundoplicazione di Nissen, ma senza incisioni chirurgiche. Il particolare endoscopio, chiamato Esophyx, permette infatti di ricompattare i tessuti esofagei, attraverso l’applicazione di semplici punti di sutura.
La procedura con Esophyx dovrebbe quindi ripristinare il tono dello sfintere esofageo, così da limitare la risalita di acido dallo stomaco verso l’esofago.
La procedura TIF ha dimostrato una significativa riduzione dei sintomi del reflusso gastroesofageo in soggetti refrattari agli IPP. In uno studio che ha seguito i pazienti per i 5 anni successivi l’intervento, il miglioramento dei sintomi è perdurato nell’82% dei pazienti a distanza di un anno e nell’80% a distanza di 5 anni. Inoltre a 5 anni solo il 30% dei pazienti continuava ad assumere gli inibitori di pompa.
I risultati positivi mostrati dalla TIF la pongono come una possibile alternativa alla fundoplicazione di Nissen. Tuttavia nel lungo termine i punti di sutura del tessuto esofageo potrebbero cedere, riportando lo sfintere esofageo alla sua configurazione iniziale.
Potenziamento magnetico dello sfintere esofageo
Il potenziamento magnetico dello sfintere esofageo prevede l’applicazione per via endoscopica di una collarino magnetico attorno allo sfintere esofageo. L’idea è che l’attrazione delle biglie magnetiche che lo compongono sia in grado di sostenere la chiusura dello sfintere, impendendo la risalita di contenuto gastrico.
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Terapia a radiofrequenza
La terapia definita radiofrequenza, definita Stretta, avviene generalmente per via endoscopica, attraverso l’applicazione di elettrodi ad ago nell’esofago distale. Essa prevede l’ablazione della mucosa esofagea attraverso l’emissione di radiofrequenze. In altri termini la mucosa viene bruciata e, in risposta, sviluppa un tessuto fibrotico insensibile agli stimoli dolorosi. In tal modo il contatto della mucosa esofagea con l’acido gastrico non dovrebbe più scatenare la percezione di dolore o bruciore. Il trattamento con le radiofrequenze è quindi meramente sintomatico. Tuttavia una metanalisi ha mostrato come il suo utilizzo non produca alcun effetto significativo nella riduzione dei sintomi del reflusso gastroesofageo.
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Musectomia anti-reflusso
La musectomia anti-reflusso è una tecnica endoscopica che prevede la resezione della mucosa dello stomaco in prossimità dello sfintere esofageo. L’idea alla base di questo approccio è che il processo di guarigione della mucosa, conseguente la sua resezione, porti alla formazione di tessuto cicatriziale e al conseguente restringimento dello sfintere esofageo. In tal modo il volume del reflusso gastrico sarebbe limitato dalla minore ampiezza dello sfintere esofageo.
In uno studio condotto in Giapppone su 109 pazienti refrattari alla terapia con IPP, la musectomia ha migliorato significativamente i sintomi del reflusso nel lungo termine e, circa la metà dei pazienti, è riuscita ad interrompere la terapia con IPP. I risultati, seppur promettenti, devono però essere ulteriormente approfonditi.
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