martedì, Aprile 16, 2024
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Camomilla in gravidanza

La camomilla è una delle più antiche erbe medicinali conosciute dall’uomo. Essa è un membro della famiglia delle Asteraceae, cui appartengono anche le margherite, i girasoli e i crisantemi. Le sue varietà comuni sono la camomilla tedesca (Chamomilla recutita) e la camomilla romana (Chamaemelum nobile). I suoi fiori, spesso in forma di tisana, sono usati prevalentemente per l’ansia, l’insonnia e i disturbi gastrointestinali. Essa, inoltre, è spesso utilizzata dalle donne incinte per calmare i sintomi digestivi, oltre che per favorire il sonno. In questo articolo ci occuperemo dell’uso della camomilla in gravidanza, evidenziandone i benefici e, soprattutto, le sue possibili controindicazioni.

Camomilla: proprietà

La camomilla ha innumerevoli proprietà medicamentose. Essa, infatti, ha effetti antifiammatori, antispastici, carminativi e antimicrobici, che le permettono di alleviare i sintomi di disturbi come:

  • ansia e depressione;
  • insonnia;
  • mal di stomaco;
  • dolore addominale;
  • aerofagia;
  • diarrea;
  • infezioni;
  • infiammazioni della pelle;
  • osteoporosi;
  • sindrome mestruale;
  • ulcere orali;
  • diabete.

Camomilla in gravidanza e contrazioni

Negli ultimi anni l’uso della camomilla in gravidanza è stato oggetto di un ampio dibattito. Sembrerebbe, infatti, che essa sia in grado di indurre il travaglio, stimolando le contrazioni uterine. Ma è effettivamente così?

In uno studio clinico randomizzato a doppio cieco, condotto presso l’ospedale di Teheran, 80 donne con gravidanza post-termine sono state divise in due gruppi. A un gruppo di 40 soggetti sono stati somministrati 1.000 milligrammi di camomilla, ogni 8 ore, per 1 settimana. All’altro gruppo è stato invece somministrato un placebo. Dopo una settimana, il 92,5% delle donne nel gruppo della camomilla ha iniziato ad avere i sintomi del travaglio, mentre solo il 62,5% delle donne del gruppo placebo ne accusava i sintomi. Tale differenza (+30%) evidenzia come l’assunzione di camomilla possa favorire le contrazioni uterine[1].

Inoltre uno studio italiano su 392 donne in gravidanza ha rilevato come il consumo abituale di camomilla si associ a una più alta incidenza di parti prematuri e aborti[2].

Tali evidenze suggeriscono un nesso tra la camomilla e le contrazioni, mostrando come il suo consumo possa influenzare il travaglio. Tuttavia sono necessari ulteriori studi che confermino tale relazione.

Camomilla in gravidanza: primo trimestre

Il primo trimestre di gravidanza è il periodo durante il quale ha inizio la formazione dell’embrione. È uno dei momenti più delicati della gravidanza, in cui è più alto il rischio di aborto. In questa fase sembrerebbe che l’utilizzo della camomilla possa avere conseguenze per la gravidanza e il feto.

In uno studio retrospettivo italiano, condotto su 630 donne in attesa, il consumo regolare di camomilla durante il primo trimestre ha comportato un rischio maggiore di parto pretermine, un peso alla nascita inferiore e una lunghezza inferiore del neonato[3]. Nello stesso studio anche il consumo regolare, per l’intero periodo della gravidanza, del finocchio e dello zenzero ha comportato un’età gestazionale più breve. Inoltre lo zenzero ha portato anche a una circonferenza del cranio del neonato più piccola.

Tale evidenza suggerisce un possibile effetto della camomilla sulla gravidanza e sullo sviluppo del feto. Tuttavia si tratta di uno studio osservazionale, i cui risultati, sebbene indicativi, richiedono ulteriori approfondimenti.

Camomilla e chiusura prematura del dotto arterioso fetale

Il consumo di camomilla in gravidanza potrebbe aumentare i rischio per il feto di chiusura prematura del dotto arterioso di Botallo. In uno studio la chiusura prematura del dotto arterioso è stata osservata in una donna di 34 anni, alla ventesima settimana di gestazione; la paziente ha riferito di aver bevuto regolarmente camomilla tedesca e le sue condizioni sono migliorate dopo averne interrotto il consumo. Un’altra donna di 32 anni, alla trentacinquesima settimane di gestazione, affetta dalla medesima condizione, ha riferito di consumare in modo intermittente camomilla durante la gravidanza[4].

Il dotto arterioso di Botallo connette l’arteria polmonare all’aorta e garantisce una corretta ossigenazione del feto durante la gravidanza. Normalmente si chiude naturalmente entro 3 giorni dalla nascita, cioè quando non ha più alcuna funzione per il feto, che può finalmente avere ossigeno dai polmoni e non più dalla placenta. Tuttavia una sua chiusura prematura durante la gravidanza può causare nel feto scompenso cardiaco alla nascita o nelle ore immediatamente successive.

Generalmente la chiusura prematura del dotto arterioso è dovuta al consumo materno di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). I FANS, infatti, inibendo le ciclossigenasi (COX-1 e COX-2), riducono la sintesi di prostaglandine, da cui deriva la costrizione del dotto. La camomilla, similmente ai FANS, ha significative proprietà antinfiammatorie, dovute alla sua capacità di inibire le ciclossigenasi di tipo 2 (COX-2). Da ciò deriverebbe il suo effetto costrittivo sul dotto di Botallo.

Si può bere camomilla in gravidanza?

Il consumo di camomilla in gravidanza e nel periodo dell’allattamento dovrebbe essere sconsigliato, così come raccomandato da una revisione sistematica pubblicata nel 2019 in Obstetrics and Gynecology[5]. L’evidenza attualmente disponibile suggerisce infatti come il suo consumo si associ a un maggior rischio di parti prematuri, peso alla nascita inferiore, lunghezza inferiore del feto e chiusura prematura del dotto arterioso. Sebbene tali studi richiedano ulteriori approfondimenti, il principio di precauzione suggerisce di evitarne il consumo, fino a quando non siano disponibili prove solide della sua sicurezza.

Bibliografia
Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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