mercoledì, Maggio 1, 2024
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Probiotici in gravidanza

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha evidenziato come l’uso dei probiotici possa supportare la salute dell’organismo, apportando benefici per un’ampia gamma di condizioni. Di particolare interesse è il loro possibile utilizzo nelle donne incinta. Diversi studi, infatti, hanno mostrato come l’uso dei probiotici in gravidanza possa migliorare non solo la salute della madre, ma anche quella del bambino.

Probiotici in gravidanza: indicazioni

Parto prematuro e complicazioni in gravidanza

L’assunzione d’integratori probiotici può ridurre il rischio di parto prematuro e di altre complicazioni da gravidanza. Una revisione del 2020 su 18 studi randomizzati ha infatti evidenziato che la durata della gravidanza è significativamente più lunga tra le donne che assumono probiotici, rispetto a quelle che ricevono il solo placebo[1]. In particolare probiotci possono influenzare positivamente il microbioma vaginale, prevenendo infiammazioni e infezioni, che aumentano il rischio di aborto e di complicazioni prenatali e postnatali.

Un recente studio ha inoltre mostrato che l’integrazione probiotica può migliorare l’esito della gravidanza, modulando l’ecosistema batterico vaginale. In particolare l’uso di un probiotico, il Ligilactobacillus salivarius CECT5713, in donne con aborto ricorrente o con infertilità di origine sconosciuta, ha portato a un tasso di successo delle gravidanze pari al 56%[2].

Probiotici e neonati prematuri

Nelle linee guida dell’American Gastroenterological Association (AGA) si evidenzia che per i neonati pretermine (nati prima delle 37 settimane), con basso peso alla nascita (< 2500 g), alcuni probiotici possono prevenire la mortalità e l’enterocolite necrotizzante, ridurre il numero di giorni necessari per raggiungere la poppata completa e diminuire la durata del ricovero[3].

In base alle linee guida dell’AGA nei neonati pretermine, con basso peso alla nascita, i probiotici migliori, supportati dalla ricerca scientifica, sono:

  • combinazioni di lattobacilli e bifidobatteri;
  • Bifidobacterium animalis subsp lactis (incluso il ceppo DSM 15954);
  • Lactobacillus reuteri (ceppi DSM 17938 o ATCC 55730);
  • Lactobacillus rhamnosus (ceppi ATCC 53103 o ATC A07FA o LCR 35).

Le combinazioni di lattobacilli e bifidobatteri che si sono rivelate efficaci nei neonati pretermine sono:

  • L rhamnosus ATCC 53103 e B longum subsp infantis;
  • L casei e B breve;
  • L rhamnosus , L acidophilus, L casei, B longum subsp infantis, B bifidum e B longum subsp longum;
  • L acidophilus e B longum subsp infantis;
  • L acidophilus e B bifidum;
  • L rhamnosus ATCC 53103 e B longum Reuter ATCC BAA-999;
  • L acidophilus, B bifidum, B animalis subsp lactis e B longum subsp longum.

Nausea e vomito

In un recente studio[4] i ricercatori della UC Davis School of Medicine hanno indagato l’efficacia di un integratore probiotico su alcuni sintomi gastrointestinali della gravidanza, come la nausea e il vomito.

Lo studio, durato 16 giorni, ha coinvolto 32 donne gravide, che hanno assunto un probiotico due volte al giorno, per sei giorni; dopo 2 giorni di pausa, le donne hanno poi ripetuto il ciclo. I probiotici utilizzati erano integratori da banco a base di lattobacilli, con una concentrazione dichiarata di batteri vivi pari a 10 miliardi per capsula.

Lo studio ha mostrato che l’assunzione del probiotico ha ridotto significativamente la nausea e il vomito. Il numero di episodi di vomito è diminuito del 33%, mentre il numero di ore in cui le donne hanno avvertito la nausea è sceso del 16%. Inoltre il consumo dei probiotici ha migliorato la stitichezza, l’affaticamento e l’inappetenza, che spesso accompagnano la gravidanza.

Diabete gestazionale

Una revisione del 2018 su 12 studi randomizzati e controllati ha evidenziato che l’uso di probiotici durante la gravidanza ha ridotto i livelli di zucchero nel sangue, soprattutto tra le donne senza una diagnosi di diabete gestazionale[5]. Una revisione del 2017 ha invece analizzato 4 studi, anch’essi randomizzati e controllati, che coinvolgevano 288 donne con con diabete gestazionale. In questo caso i probiotici hanno ridotto la resistenza all’insulina, sebbene non abbiano diminuito i livelli di zucchero nel sangue[6].

Un ulteriore studio[7] ha mostrato che l’assunzione di probiotici per 6 settimane in pazienti con diabete gestazionale non solo migliora il controllo sulla glicemia, ma anche quello sui trigliceridi e sulle concentrazioni di colesterolo cattivo, il VLDL.

Infine uno studio[8] del 2017 ha suggerito che l’integrazione probiotica per 14-16 settimane con Lactobacillus rhamnosus HN001 può ridurre il rischio di diabete gestazionale, soprattutto tra le donne gravide con un’età avanzata.

L’utilizzo dei probiotici può quindi migliorare il controllo glicemico e l’insulino resistenza.

Depressione

Alcuni studi hanno suggerito come l’uso dei probiotici possa ridurre il rischio di depressione durante la gravidanza o post-partum.

In particolare, uno studio del 2017 su 380 donne ha evidenziato che l’assunzione del probiotico Lactobacillus rhamnosus HN001 (HN001), dal quarto mese di gravidanza fino al sesto mese dopo il parto, sembrerebbe aver ridotto i livelli di depressione e ansia rispetto alla somministrazione del placebo[9].

Va notato, tuttavia, che uno studio successivo su 40 donne in gravidanza ha rivelato che l’assunzione di un integratore probiotico multi-specie, utilizzato dal 6/7 mese fino al parto, non ha ridotto l’ansia e la depressione[10]. Anche un ulteriore studio ha evidenziato come l’uso dei probiotici Lactobacillus rhamnosus GG e Bifidobacterium lactis BB12 non abbia avuto effetti sulla salute mentale delle donne in gravidanza[11].

In sintesi, le prove a sostegno dell’uso dei probiotici per ridurre la depressione e l’ansia durante o dopo la gravidanza sono limitate. Tuttavia la ricerca è in divenire.

Dermatite atopica o Eczema

La dermatite atopica, anche nota come eczema, è un’infiammazione della pelle, caratterizzata da prurito e arrossamento, dovuta a un’eccessiva risposta immunitaria.

L’uso dei probiotici nelle madri durante l’allattamento regola la risposta immunitaria dei neonati, riducendo il rischio di sviluppare l’eczema. In particolare è stato osservato che l’uso della madre di un integratore probiotico ha determinato un aumento di lattobacilli e bifidobatteri nel latte materno, in grado di modulare il sistema immunitario dei neonati. Va notato, tuttavia, che l’aumento dei batteri a seguito dell’uso dei probiotici si è registrato nelle madri che avevano eseguito il parto vaginale, ma non in quelle con taglio cesareo[12].

L’integratore probiotico utilizzato nello studio conteneva i ceppi batterici L. paracasei DSM 24733, L. plantarum DSM 24730, L. acidophilus DSM 24735 e L. delbrueckii subsp. bulgaricus DSM 24734), tre ceppi di bifidobatteri (B. longum DSM 24736, B. breve DSM 24732 e B. infantis DSM 24737) e un ceppo di Streptococcus thermophilus DSM 24731.

In altri studi la somministrazione di probiotici è stata estesa anche ai neonati. In uno studio una miscela di probiotici (Bifidobacterium bifidum, Bifidobacterium lactis e Lactococcus lactis) somministrati alle madri prima del parto e ai bambini durante il primo anno di vita ha ridotto l’incidenza di eczema rispetto al gruppo placebo[13].

La somministrazione di probiotici prima e dopo il parto nelle madri e nei neonati sembra quindi prevenire il rischio di eczema nella prole. La World Allergy Organization (WAO), infatti, suggerisce[14]:

  • l’uso di probiotici in donne in gravidanza ad alto rischio di avere un bambino allergico;
  • l’uso di probiotici nelle donne che allattano al seno bambini ad alto rischio di sviluppare allergie;
  • l’uso di probiotici nei bambini ad alto rischio di sviluppare allergie.

Allergie

Alcuni studi hanno suggerito l’uso dei probiotici in gravidanza possa ridurre il rischio di sviluppare allergie.

Una meta-analisi del 2016 ha evidenziato che la somministrazione di probiotici prenatale e postnatale riduce il rischio di allergia alimentare nei bambini. In particolare lo studio ha mostrato come solo un approccio combinato (integrazione materna in gravidanza e integrazione infantile dopo la nascita) sia in grado di ridurre il rischio allergico. La sola somministrazione di probiotici prenatale o postnatale, infatti, non ha prodotto alcun effetto[15].

Un ulteriore studio randomizzato su bambini (N=220) con allergia al latte vaccino ha valutato l’effetto di una formulazione di caseina idrolizzata, la proteina del latte responsabile dell’allergia, con e senza il probiotico L. rhamnosus GG (LGG). L’idea era quella di valutare se l’aggiunta del probiotico alla caseina fosse in grado di ridurre le manifestazioni allergiche rispetto ai bambini che l’assumevano da sola. I ricercatori hanno scoperto che l’aggiunta di L. rhamnosus GG (LGG) riduceva l’incidenza di manifestazioni allergiche tra cui asma, eczema e rinocongiuntivite allergica nei successivi 3 anni[16].

Altri ricerche hanno evidenziato come l’uso dei probiotici possa essere utile anche per altre allergie alimentari. Tuttavia gli studi sull’argomento sono scarsi, oltre a presentare diversi limiti metodologici. Allo stato attuale i probiotici non sono quindi raccomandati per la prevenzione o terapia delle delle allergie alimentari, sebbene i risultati finora emersi siano promettenti.

In alcuni casi all’uso dei probiotici durante la gravidanza e nel periodo postnatale è stata attribuita la capacità di ridurre il rischio di sviluppare l’asma e la rinite allergica. Tuttavia allo stato attuale l’evidenza scientifica ha evidenziato come l’uso dei probiotici non sia in grado di prevenire o migliorare l’asma o la rinite allergica.

Coliche infantili

L’uso dei probiotici può migliorare i sintomi delle coliche infantili, agendo sul microbiota del neonato.

Un recente studio ha evidenziato che l’uso di un integratore probiotico a base di lattobacilli, bifidobatteri e streptocco (lo stesso integratore cui si è fatto riferimento per la prevenzione dell’eczema) è sicuro e riduce il pianto inconsolabile nei bambini allattati esclusivamente al seno[17].

Inoltre la somministrazione di Lactobacillus reuteri DSM 17938 per i primi tre mesi di vita del neonato non solo riduce gli episodi di coliche, ma anche l’insorgenza di altri disturbi gastrointestinali funzionali, come il reflusso gastroesofageo e la costipazione[18]. Un ulteriore studio ha evidenziato come l’uso di L. reuteri con una dose di 108 CFU al dì, per 21-28 giorni, riduca significativamente la durata degli episodi di pianto da colica durante il giorno[19].

Il probiotico L. reuteri DSM17938 è quindi efficace per ridurre i sintomi delle coliche infantili e può essere raccomandato per i bambini allattati al seno. Tuttavia non è stato valutato il suo effetto nei bambini allattati con latte artificiale[20].

Neurosviluppo e salute mentale

Negli ultimi anni alcuni studi hanno evidenziato come il microbiota intestinale materno possa modulare lo sviluppo cerebrale del feto[21]. Un microbioma “sano”, infatti, può influenzare il neurosviluppo e il comportamento della prole da adulti. Alcuni studi su modello animale mostrano, ad esempio, che la somministrazione di una formulazione probiotica durante la gravidanza può prevenire lo sviluppo di tratti autistici nella prole, limitando l’attivazione immunitaria materna, causa dei comportamenti autistici[22]. Altre evidenze suggeriscono inoltre che una precoce esposizione al microbioma intestinale può condizionare la formazione di circuiti cerebrali, che regolano il controllo motorio e il comportamento emotivo da adulti[23].

Va notato, inoltre, che l’uso dei probiotici può attenuare i cambiamenti intestinali e cerebrali della prole, derivanti dalla loro esposizione a stress precoce. Eventi stressanti, come la separazione materna, possono infatti causare cambiamenti cerebrali e comportamentali, mediati da una condizione di disbiosi intestinale[24]. La somministrazione dei probiotici può però limitare tali alterazioni. In alcuni studi su modello animale il loro uso, infatti, ha riequilibrato il microbiota intestinale[25]. Essi hanno inoltre diminuito i livelli di depressione e ansia nei topi sottoposti a stress da separazione materna[26]. Effetti positivi sulla salute mentale sono stati riportati anche su umani con microbiota intestinale normale.

A cosa servono i probiotici in gravidanza?

I probiotici in gravidanza possono essere utilizzati per:

  • diminuire il rischio di parto prematuro e di complicazioni in gravidanza;
  • prevenire la mortalità e l’enterocolite necrotizzante nei neonati pretermine e sottopeso;
  • ridurre nausea, vomito e stitichezza;
  • abbassare la glicemia e migliorare l’insulino-resistenza;
  • migliorare ansia e depressione durante e dopo la gravidanza (prove a supporto limitate);
  • ridurre il rischio di dermatite atopica nei neonati;
  • abbassare il rischio di allergie nei neonati;
  • ridurre gli episodi e l’intensità delle coliche infantili;
  • supportare lo sviluppo cerebrale e la salute mentale del neonato.

Quali probiotici in gravidanza?

La ricerca sull’utilizzo dei probiotici in gravidanza è in divenire. Tuttavia sulla base delle attuali evidenze scientifiche alcuni tra i migliori probiotici in gravidanza sono:

  • Lattobacilli, utili per la riduzione di nausea, vomito e costipazione;
  • Lactobacillus rhamnosus HN001, potenzialmente indicato per la prevenzione del diabete gestazionale e, seppur limitatamente, per depressione e ansia prima e dopo il parto;
  • combinazioni di lattobacilli e bifidobatteri per i neonati pretermine;
  • Lactobacillus reuteri DSM17938 utile per le coliche infantili;
  • Formulazioni multispecie, che combinano più ceppi batterici.

Probiotici in gravidanza: controindicazioni

In linea generale l’utilizzo dei probiotici in gravidanza non ha controindicazioni. Esso è ritenuto sicuro e non è associato ad effetti avversi.

Una revisione del 2018 su 49 studi ha infatti evidenziato che l’assunzione di probiotici durante la gravidanza non si associa a un rischio aumentato di parto prematuro o ad altri esiti materni avversi[27]. Un’altra revisione ha inoltre evidenziato che la somministrazione di lattobacilli e bifidobatteri in donne incinte non ha effetti sul peso alla nascita, l’età gestazionale e la frequenza dei parti cesarei[28]. Allo stesso modo, diversi altri studi mostrano che l’uso dei probiotici è ben tollerato durante la gravidanza e anche nell’allattamento. I batteri dell’intestino, infatti, possono arrivare nel seno, dove modificano il microbiota del latte materno.

Effetti avversi

Sebbene l’uso dei probiotici in gravidanza sia sicuro, una revisione del 2020 ha mostrato effetti avversi in 3 dei 21 studi sottoposti a revisione. In particolare sono emersi 3 casi di bambini neonati che hanno sviluppato un’infezione sanguigna da bifidobatteri non pericolosa per la vita[29] I casi d’infezione, però, hanno interessato bambini vulnerabili: due di loro erano estremamente sottopeso alla nascita[30], mentre il terzo, anch’egli sottopeso, era stato sottoposto a un intervento chirurgico per un’ernia ombellicale[31].

Inoltre uno degli studi sottoposti a revisione ha evidenziato casi di antibiotico-resistenza. In particolare lo studio[32], che ha interessato 210 bambini con età gestazionale inferiore a 8 mesi, riguardava un integratore probiotico, commercializzato in Turchia, contenente:

  • Lactobacillus casei;
  • L. rhamnosus;
  • Lactobacillus plantarum;
  • Bifidobacterium lactis;
  • fruttooligosaccaridi;
  • galattooligosaccaridi;
  • colostro;
  • lattoferrina.

Durante la ricerca, svoltasi tra febbraio e agosto 2013, si è sviluppato un focolaio di enterococco resistente alla vancomicina, un antibiotico utilizzato per le infezioni intestinali. I ricercatori hanno quindi evidenziato che il trattamento concomitante con probiotici e vancomicina possa aumentare il rischio di sviluppare antibiotico-resistenza.

In sintesi, l’uso dei probiotici è sicuro e privo di controindicazioni in gravidanza, nell’allattamento e nei neonati. Tuttavia, in bambini nati prematuri o vulnerabili o in madri fragili, il loro utilizzo deve essere opportunamente valutato per la possibile insorgenza di effetti avversi.

Bibliografia
Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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