sabato, Luglio 27, 2024
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Test per l’intolleranza al lattosio

Innanzitutto quando si parla di ‘lattosio’ è necessario distinguere tra malassorbimento e intolleranza al lattorio. Si tratta, infatti, di due condizioni distinte che, seppur strettamente collegate, non possono essere considerate l’una sinonimo dell’altra. In particolare, il malassorbimento attiene alla mancata digestione del lattosio, causata da una carenza di lattasi, necessaria per il suo assorbimento. L’intolleranza è invece la condizione sintomatica, che può svilupparsi a seguito di malassorbimento. La mancata digestione del lattosio, infatti, può provocare sintomi intestinali come il dolore addominale, il gonfiore e la diarrea. Ciò evidenzia come quelli che impropriamente sono definiti test per l’intolleranza al lattosio siano in realtà test di malassorbimento, tesi ad accertare una carenza di lattasi e non a verificare i sintomi dell’intolleranza. Tale distinzione è importante non solo per la sua correttezza formale, ma, come vedremo, per le implicazioni che essa ha nella gestione terapeutica dell’intolleranza al lattosio.

Test di malassorbimento del lattosio

Test di tolleranza al lattosio

Originariamente la diagnosi di malassorbimento del lattosio si basava su un esame del sangue, finalizzato alla misurazione della glicemia dopo l’assunzione di lattosio. Un’aumento dell’indice glicemico, infatti, suggeriva un corretto assorbimento dello zucchero del latte. Al contrario, un mancato innalzamento della glicemia indicava invece una condizione di malassorbimento.

In particolare questo test prevede che il paziente beva 50 g di lattosio sciolti in acqua e che siano prelevati campioni di sangue capillare (per la misurazione della glicemia) a -5, 0, 15, 30, 45 e 60 min dalla somministrazione. Ciò permette di valutare l’andamento glicemico nell’ora successiva l’assunzione del lattosio. Se i risultati del test indicano un aumento del picco massimo glicemico superiore a 20 mg per dL (1.1 mmol per L), il paziente è tollerante al lattosio. Al contrario, valori al di sotto di 1.1 mmol per L indicano una mancata digestione dello zucchero del latte, che evidenzia una condizione di malassorbimento del lattosio[1].

Va notato, tuttavia, che i risultati del test di tolleranza al lattosio possono essere falsati nei pazienti che hanno variazioni della glicemia postprandiale (dopo i pasti) a causa del diabete o di altri disturbi concomitanti[1]. Casi di diagnosi falsamente positive possono essere dovute ad un rapido transito gastrointestinale e a ad una ridotta tolleranza al glucosio, mentre i falsi negativi possono essere causati da fluttuazioni dei livelli di glucosio nel sangue.

Il test di tolleranza al lattosio ha quindi una bassa sensibilità e specificità per la diagnosi di malassorbimento. Esso, inoltre, può avere degli effetti collaterali (sintomi gastrointestinali) dovuti all’ingestione di una grande dose di lattosio necessaria per il test. Per queste ragioni viene utilizzato raramente. In alcuni casi ne è stato proposto l’uso nei pazienti che presentano un’elevata baseline nella concentrazione di idrogeno al breath test del lattosio[2].

Biopsia intestinale

Uno degli esami più affidabili per la diagnosi di malassorbimento del lattosio è la misurazione dell’attività della lattasi nei campioni bioptici prelevati dalla mucosa dell’intestino tenue. Il test, che avviene in endoscopia, consente di rilevare direttamente l’attività enzimatica a livello intestinale, limitando la possibilità di falsi positivi. L’esame consente inoltre di escludere altre condizioni, che possono causare un deficit secondario di lattasi, come ad esempio la celiachia. Tuttavia la biopsia intestinale è raramente utilizzata a causa della sua invasività e dei suoi elevati costi. Inoltre i risultati dell’esame possono essere influenzati della distribuzione irregolare della lattasi nella mucosa dell’intestino tenue[3]. Essa, infatti, può portare a falsi-negativi nella diagnosi di malassorbimento del lattosio. I falsi-positivi sono invece rari.

Test rapido del lattosio (o Quick lactose test)

Negli ultimi anni è stato sviluppato un nuovo metodo per la diagnosi endoscopica di malassorbimento del lattosio. Il test si basa su una reazione colorimetrica che si sviluppa quando il campione bioptico viene esposto al lattosio. In soli 20 min il test permette di evidenziare un eventuale condizone di malassorbimento. Si tratta quindi di un’opzione più rapida rispetto all’analisi convenzionale dei frammenti bioptici. Essa, inoltre, ha mostrato un’elevata attendibilità, oltre alla capacità di riconoscere condizioni di malassorbimento nei pazienti con una bassa produzione di idrogeno nel breath test al lattosio[4]. In quest’ultimo caso, infatti, il test del respiro può portare a falsi-negativi.

Test genetico

Generalmente il test genetico viene eseguito per confermare o escludere forme primarie di malassorbimento del lattosio. Esso, infatti, rileva la presenza di un particolare genotipo, il C/C-13910, che si associa ad una riduzione dell’espressione della lattasi.

Il test genetico è quindi un utile strumento diagnostico per le forme primarie di malassorbimento. I falsi-positivi, infatti, sono molto rari (<5%). Tuttavia esso non permette di riconoscere eventuali forme secondarie di malassorbimento, dovute, per esempio, ad altre cause, come la celiachia o le gastroenteriti. Il test genetico può quindi restituire falsi-negativi, ogni volta che il cattivo assorbimento del lattosio non ha un’origine genetica. È necessario quindi ricordare che un eventuale esito negativo del test, se si accompagna a sintomi da intolleranza, non consente di escludere il malalssorbimento del lattosio, ma richiede ulteriori accertamenti.

Va notato, infine, che il test genetico è valido solo sui soggetti di etnia caucasica (carnagione bianca), dal momento che nelle altre etnie il malassorbimento primario dipende da variazioni genetiche non considerate dal test attualmente in uso[5].

Breath test al lattosio

Il breath test al lattosio è un esame che rileva il malassorbimento del lattosio, misurando la concentrazione di idrogeno nell’espirato del paziente. La fermentazione del lattosio non digerito, infatti, produce gas intestinali che, in parte rimangono nel colon causando gonfiore e flatulenza e, in parte, entrano nel circolo ematico, per essere espulsi dai polmoni attraverso la respirazione. Il paziente con malassorbimento avrà quindi una maggiore concentrazione di idrogeno nel suo espirato.

In particolare, il breath test al lattosio prevede che il paziente assuma una dose di 25-50 g di lattosio sciolti in acqua. Campioni di espirato sono raccolti appena prima dell’assunzione del lattosio e dopo, ad intervalli di 30 minuti, per le successive 4 ore[6]. Il breath test è positivo quando il picco massimo di concentrazione dell’idrogeno nell’aria espirata è di almeno 20 parti per milione superiore al valore basale, cioè quello rilevato appena prima dell’assunzione del lattosio. Tale valore di riferimento, infatti, evidenzia un’anomala produzione di gas, dovuta presumibilmente alla mancata digestione del lattosio.

Preparazione al breath test al lattosio

Il breath test al lattosio prevede che il paziente segua degli specifici comportamenti[7] prima della sua esecuzione, per evitare eventuali alterazioni dei risultati del test.

Innanzitutto è necessario evitare il consumo di alcuni farmaci, come gli antibiotici e i lassativi, nelle 4 settimane precedenti il breath test. Da un lato, infatti, gli antibiotici possono alterare la produzione di idrogeno, modificando la flora intestinale, responsabile della fermentazione del lattosio. Dall’altro, invece, i farmaci per la motilità e i lassativi influenzano il tempo di transito intestinale e il rilascio del lattosio nel colon. Essi, infatti, possono avere un notevole impatto sui livelli dei gas rilevati dal test, favorendo la possibilità di falsi-positivi. Va notato, inoltre, che anche l’uso dei probiotici dovrebbe essere evitato prima del breath test. Sebbene l’evidenza disponibile sia insufficiente, il loro utilizzo sembra influenzare i livelli di idrogeno nel test del respiro.

I pazienti dovrebbero inoltre osservare un periodo di digiuno di almeno 12 ore prima del test, evitando il consumo di carboidrati durante l’ultimo pasto o, preferibilmente, nell’intera giornata precedente il test. Ciò consente di mantenere basso il livello basale di idrogeno, consentendo una migliore interpretazione dei risultati del breath test.

È necessario inoltre astenersi dal fumo e dall’esercizio fisico nel giorno precedente il test del respiro o almeno 4 ore prima[8]. Da un lato, infatti, il fumo, influenza il contenuto di idrogeno e anidride carbonica dell’aria espirata, oltre a ritardare lo svuotamento gastrico. Dall’altro, invece, l’iperventilazione che può associarsi all’attività fisica può ridurre i livelli di idrogeno dell’espirato.

Infine i pazienti dovrebbero sciacquare la bocca con un collutorio specifico, a base di clorexidina, per eliminare la possibilità di un picco precoce di idrogeno, dovuto ai batteri del cavo orale.

Cosa non fare prima del breath test al lattosio?
In sintesi, prima di effettuare il breath test al lattosio:
  • non assumere antibiotici, lassativi, farmaci per la motilità e probiotici nella 4 settimane precedenti il test;
  • non mangiare carboidrati complessi il giorno precedente o, almeno, durante l’ultimo pasto;
  • non mangiare nulla almeno 12 ore prima del test;
  • non fumare almeno 4 ore prima del test;
  • non fare esercizio fisico almeno 4 ore prima del test;
  • sciacqua la bocca con con un collutorio a base di clorexidina prima del test.

Risultati del breath test al lattosio

Il breath test al lattosio è considerato lo standard di riferimento per la diagnosi di intolleranza del lattosio. Il test del respiro, infatti, è attendibile, semplice, non invasivo ed economico. Tuttavia i suoi risultati possono restituire falsi-positivi e, con maggior frequenza, falsi-negativi.

I falsi-positivi possono verificarsi a causa della sindrome da sovracrescita batterica intestinale (o small intestinal bacterial overgrowth – SIBO). Questo disturbo, infatti, è caratterizzato da un’anomala presenza di batteri nell’intestino tenue, che fermenta lo zucchero del latte, producendo idrogeno. In questo caso il test del respiro è positivo, anche se non vi è una condizione di malassorbimento del lattosio. È quindi consigliabile escludere la presenza della SIBO attraverso il breath test al lattulosio, prima di effettuare il test del respiro al lattosio. Va notato, inoltre, che un rapido aumento dei livelli d’idrogeno, nei primi 90 minuti dall’inizio del test del respiro al lattosio, può aiutare a identificare i pazienti affetti da SIBO[7].

Inoltre i falsi-positivi possono essere dovuti anche ad un rapido transito gastrointestinale, che può portare ad un aumento della produzione di idrogeno, nonostante il paziente sia in grado di assorbire il lattosio.

I falsi-negativi possono invece essere dovuti ad un adattamento della flora intestinale del colon, che non produce idrogeno[1]. Inoltre altri fattori, come ad esempio l’assunzione di antibiotici e l’esercizio fisico, possono ridurre la produzione di idrogeno, falsando i risultati del test. In questi casi, infatti, l’esame può essere negativo, sebbene il paziente soffra di malassorbimento. Tuttavia un’attenta valutazione dei sintomi del paziente dopo l’assunzione del lattosio può aiutare a riconoscere eventuali falsi-negativi.

In sintesi..

Test di tolleranza del lattosioBreath Test al lattosioTest geneticoBiopsia intestinale
Principio del testaumento della glicemia dopo l’assunzione del lattosioaumento dell’idrogeno dopo l’assunzione del lattosiovalutazione del genotipo C/C-13910attività della lattasi nel campione bioptico
Valori di riferimento<1.1 mmol/L entro 1 h>20 ppm entro 4 hgenotipo C/C-13910<17–20 IU/g
Disponibilitàeccellentebuonabuonarara
Falsi-positivirapido transito GI, ridotta tolleranza al glucosiorapido transito GI, SIBOrari (<5%) in popolazione caucasicarari
Falsi-negativifluttuazioni nella glicemiasoggetti che non producono idrogenotutte le cause secondarie di malassorbimentodistribuzione iregolare della lattasi nell’intestino
Cause secondarienon possono essere esclusepossono essere escluse, rapido incremento dell’idrogenopossono essere esclusepossono essere escluse (esame istopatologico)
Valutazione dei sintomi (durante il test)possibilepossibilenon possibilenon possibile
Costoil più bassobassomedioil più alto
CommentiBassa sensibilità e specificitàstandard di riferimento per la valutazione delle forme primarie e secondarie di malassorbimnetostandard di riferimento per la valutazione delle forme primarie di malassorbimnetoprocedura invasiva e costosa
Tab. 1 – Confronto delle caratteristiche dei test attualmente disponibili per la valutazione del malassorbimento al lattosio (modificata da Lactose Maldigestion..)

Diagnosi dell’intolleranza al lattosio

I test finora presentati consentono di rilevare eventuali forme di malasssorbimento del lattosio che, è bene ricordare, non coincidono necessariamente con quelle d’intolleranza. In diversi casi, infatti, il malassorbimento non porta allo sviluppo di forme sintomatiche. Lo sviluppo dei sintomi, infatti, dipende da diversi fattori individuali tra cui la dieta, il tempo di transito oro-cecale, la distribuzione e la capacità di fermentazione della flora intestinale[9], la sensibilità viscerale dell’intestino e, non per ultimi, i fattori psicologici[10].

Il malassorbimento del lattosio è quindi una condizione necessaria, ma non sufficiente, per formulare la diagnosi d’intolleranza. Quest’ultima può essere raggiunta solo attraverso un’attenta osservazione dei sintomi durante il test, dopo l’ingestione del lattosio. La comparsa di eventuali sintomi, come il dolore addominale o il gonfiore, permette, infatti, di accertare l’intolleranza al lattosio. Solo in questo caso è necessario ridurre il consumo di lattosio, che invece non andrebbe limitato sulla sola base del risultato (positivo) dei test di malassorbimento.

Bibliografia

Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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